La Zona

La Zona è il luogo distopico delle angosce del nostro tempo traslate nell’anno 2050.
La Zona è l’Unione Europea sopraffatta dalle paure, ripiegata su se stessa, che per esorcizzare i suoi fantasmi si è affidata a un governo forte. Per trent’anni il governo delle tre “M” l’ha schiacciata sotto il tallone di un regime autoritario pasciutosi di xenofobia, del culto della sicurezza, di controllo sociale e di controllo delle frontiere. 
Il romanzo, all’interno di questa realtà distopica, narra le vicissitudini di un gruppo di resistenti che, clandestinamente, cercano di emancipare, con la fuga e l’attribuzione di una diversa identità anagrafica, i lavoratori extracomunitari regolari temporanei (LERT) impiegati in condizione di semi schiavitù e gli immigrati clandestini (IC).
La prima parte descrive la giornata dei protagonisti nel giorno delle celebrazioni del Trentennale della nascita della Zona Comune, il 12 settembre 2050.  Il narratore segue il percorso di Michele Ergomassi, il protagonista principale della storia, che lo porterà ad incontrare tutti gli altri personaggi in un crescendo di drammaticità, alternata a situazioni narrate su registri leggeri o decisamente ironici. Il registro ironico inquadra l’antagonista, il commissario di polizia Giulio Anacreto impegnato nella lotta ai LEC (lavoratori extracomunitari clandestini) in fuga dalla loro condizione coatta e all’organizzazione umanitaria che li assiste. Il commissario rappresenta il potere e in lui, ma non soltanto, se ne raffigura la vacuità e l’inconcludenza.
Lo scontro tra Michele e il commissario Anacreto, tra colpi di scena degni di un romanzo giallo, porta all’arresto di Michele e al conseguente processo. Tale evento non è la fine della storia, ne rappresenta lo shock che mette a nudo le debolezze del potere e sollecita le coscienze anestetizzate da trent’anni di imbonimenti propagandistici e di oppressione.
L’esito del processo rimane indeterminato sullo sfondo, mentre in primo piano si svolge un evento inimmaginabile, che riaccende la fiaccola della libertà e del pensiero critico capace di illuminare la strada della liberazione.  


L'incipit del romanzo
Un altro LEC[1]da sistemare. Questa settimana è il terzo. L’allerta delle SSPAC[2] sarà molto alta, dovremo muoverci con cautela, aspettare che le acque si calmino prima di compiere passi ulteriori. Quelli che sono in attesa pazienteranno ancora un po’, poveri diavoli, stretti tra la disciplina inflessibile della fabbrica, il coprifuoco che li costringe nei dormitori in cui sono concentrati senza alcuna possibilità di allontanarsene e quel poco di libertà concessa durante le ore precedenti il coprifuoco. Quando firmano il contratto di lavoro presso il consolato della Zona Comune (Z.C.) nel loro paese d’origine non possono immaginare la condizione di semi schiavitù a cui si consegnano, hanno negli occhi le immagini di opulenza trasmesse dalle televisioni, sperano di esserne parte e di tornare a casa ricchi dopo il soggiorno quinquennale nella Zona: lavoro assicurato e ben pagato, tutto spesato e nessuna preoccupazione. Fanno la fila presso i consolati per ottenere il privilegio di essere selezionati, accettano le condizioni contrattuali senza battere ciglio e vi si adattano con fatalismo… quasi tutti. Qualcuno non si adatta. In genere sono i giovani, tra quei pochi giovani che formano l’esercito del lavoro coatto, o uomini che da giovani hanno coltivato e maturato sentimenti di ribellione contro i governi dei loro paesi corrotti e dipendenti dalla tutela delle grandi potenze che li controllano. Ma queste tipologie di aspiranti LERT[3]difficilmente riescono a passare tra le maglie della severa selezione cui sono sottoposti. La maggior parte sono uomini tra i trentacinque e i cinquant’anni, padri di famiglia che hanno famiglie numerose da mantenere, che sono assillati dal bisogno e dai debiti.  Se fosse possibile, dopo qualche mese se ne tornerebbero volentieri a casa, rinuncerebbero al sogno di ricchezza e di benessere; non è possibile e si accorgono ben presto dell’inflessibilità dei patti sottoscritti. Dai loro governi non gli viene alcun aiuto, l’unica possibilità di uscirne siamo noi del CIDLIZ[4], quando riusciamo a captarne le condizioni di disagio e a riscontrare la determinazione e la volontà di affrontare i rischi della clandestinità pur di uscire dalla condizione in cui sono incastrati. Da soli non possono farcela. I LERT che tentano la carta della fuga sono quasi sempre catturati e reinseriti nelle strutture di provenienza, dopo un non breve soggiorno in appositi centri di rieducazione.
Mohammed Nhabash ce l’ha fatta. Da oggi cambierà nome e inizierà una nuova vita.


[1] Lavoratori ExtraComunitari
[2] Squadre SPeciali Anti Clandestini
[3] Lavoratori Extracomunitari Regolari Temporanei
[4] Consorzio Internazionale per la Difesa dei Lavoratori Immigrati nella Zona






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