martedì 12 aprile 2022

L'incipit de "La Zona"

Un altro LEC da sistemare. Questa settimana è il terzo. L’allerta delle SSPAC (Squadre Speciali Anti Clandestini) sarà molto alta, dovremo muoverci con cautela, aspettare che le acque si calmino prima di compiere passi ulteriori. Quelli che sono in attesa pazienteranno ancora un po’, poveri diavoli, stretti tra la disciplina inflessibile della fabbrica, il coprifuoco che li costringe nei dormitori in cui sono concentrati senza alcuna possibilità di allontanarsene e quel poco di libertà concessa durante le ore precedenti il coprifuoco.

Quando firmano il contratto di lavoro presso il consolato della Zona Comune (Z.C.) nel loro paese d’origine non possono immaginare la condizione di semi schiavitù a cui si consegnano, hanno negli occhi le immagini di opulenza trasmesse dalle televisioni, sperano di esserne parte e di tornare a casa ricchi dopo il soggiorno quinquennale nella Zona: lavoro assicurato e ben pagato, tutto spesato e nessuna preoccupazione. Fanno la fila presso i consolati per ottenere il privilegio di essere selezionati, accettano le condizioni contrattuali senza battere ciglio e vi si adattano con fatalismo… quasi tutti. Qualcuno non si adatta. In genere sono i giovani, tra quei pochi giovani che formano l’esercito del lavoro coatto, o uomini che da giovani hanno coltivato e maturato sentimenti di ribellione contro i governi dei loro paesi corrotti e dipendenti dalla tutela delle grandi potenze che li controllano. Ma queste tipologie di aspiranti LERT (Lavoratori Extracomunitari Regolari Temporanei) difficilmente riescono a passare tra le maglie della severa selezione cui sono sottoposti. La maggior parte sono uomini tra i trentacinque e i cinquant’anni, padri di famiglia che hanno famiglie numerose da mantenere, che sono assillati dal bisogno e dai debiti.  Se fosse possibile, dopo qualche mese se ne tornerebbero volentieri a casa, rinuncerebbero al sogno di ricchezza e di benessere; non è possibile e si accorgono ben presto dell’inflessibilità dei patti sottoscritti. Dai loro governi non gli viene alcun aiuto, l’unica possibilità di uscirne siamo noi del CIDLIZ (Consorzio Internazionale Difesa Lavoratori Immigrati nella Zona) quando riusciamo a captarne le condizioni di disagio e a riscontrare la determinazione e la volontà di affrontare i rischi della clandestinità pur di uscire dalla condizione in cui sono incastrati. Da soli non possono farcela. I LERT che tentano la carta della fuga sono quasi sempre catturati e reinseriti nelle strutture di provenienza, dopo un non breve soggiorno in appositi centri di rieducazione.

Mohammed Nhabash ce l’ha fatta. Da oggi cambierà nome e inizierà una nuova vita. ...


 

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