Per raggiungere S. Cesarea seguirono il percorso della litoranea. Sulla strada non si era ancora riversato il traffico impaziente dei vacanzieri, il panorama si apriva nel suo splendore cangiante dopo ogni curva disegnata sulle anse della scogliera, e dopo ogni curva lo stupore di Adriana reclamava una fermata per gustarne appieno la vista. Fecero solo due soste prima di arrivare a destinazione: la prima a Porto Badisco, uno sguardo dall’alto su un incredibile porto naturale dove si narra sia sbarcato il profugo Enea; la seconda alla torre Minervino costruita su uno sperone di roccia a picco sul mare dal quale si può godere una vista spettacolare su un lungo tratto di costa.
A S. Cesarea, seduti di fronte al mare, Tommaso riprese la conversazione sulle torri saracene avviata di fronte all’incanto di torre Minervino e rivolto alla sua compagna, con un gesto della mano, le disse: «Guarda verso est, dove il sole confonde nella sua luce il mare e l’orizzonte; forse era una giornata calma come questa, d’estate come adesso, quando da lì, nel millequattrocentottanta, arrivarono le galee moresche che straziarono la città di Otranto e il suo circondario».